Un cult del fantasy
Sarà stato tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 quando cominciai a capire veramente il fantasy.
Nella primavera del 2011 era debuttata sulla HBO The Game of Thrones tratto dalla saga di G.R.R.Martin A song of ice and fire.
LEGGI TUTTO Iniziai a leggere i libri e rimasi colpito dallo stile di Martin, e più leggevo più mi chiedevo “perché mi piace tanto? ” C’era una strana familiarità che non riuscivo a spiegarmi. Ma soprattutto “cosa cercavo in libri del genere?” Poi l’illuminazione di questo cult fantasy. Un giorno navigando in rete mi imbattei in un articolo che ha cambiato completamente il mio modo di leggere il fantasy. L’articolo di Roberto Arduini -per l’ Associazione italiana-Studi Tolkeniani- selezionava una serie di risposte di G.R.R.Martin riguardo il suo rapporto con Il Signore degli Anelli. L’opera di Tolkien ha ispirato moltissimi autori che ne hanno ripreso molti elementi senza produrre però qualcosa di originale. Semplici imitazioni che non offrivano nulla di nuovo. C’è da considerare un fatto interessante che spesso si ignora: Tolkien ha creato un mondo immaginario, una propria mitologia che traeva origine dal nostro mondo, un mondo con una propria lingua. Da linguista e studioso della letteratura inglese aveva ha una solida base per creare la sua Terra di Mezzo. C’è del metodo nella sua opera, ogni nome era frutto di lungo lavoro filologico e linguistico di tutto rispetto. Mi colpì un’osservazione di Martin, davvero obiettiva: “…amo Tolkien, ma non penso che sia perfetto. Così volevo scrivere qualcosa che fosse una risposta a quel poco di Tolkien che non mi piaceva, ma soprattutto ai suoi imitatori, che si sono ispirati proprio a quel poco.” Il Trono di Spade, a detta dell’autore, nasce come risposta a ciò che non gli piaceva del Signore degli anelli, l’ambientazione è più simile agli eventi della Quarta era della Terra di mezzo quando la magia e gli elfi cominciano a sparire e inizia il dominio degli uomini e delle trame politiche che Tolkien avrebbe raccontato nell’incompiuto New Shadow. G.R.R.Martin ha sottolineato come nella sua Westeros c’è ben poco di fantasy ma più intrighi e conflitti politici. Nel Signore degli Anelli dopo che i grandi anelli perdono i loro poteri la magia comincia a scomparire nella Terra di mezzo, mentre in Westeros comincia a ritornare con il risveglio dei draghi. D’altra parte la magia è “un elemento essenziale del genere, ma bisogna saper dosare la magia. È come il sale nella minestra: un pizzico le dà un buon sapore, ma troppo sale la rovina”, sostiene Martin. In Martin la magia ha ben poco spazio, il realismo invece ha parte determinate. Ma se si legge anche nel Signore degli Anelli c’è un basso contenuto di magia. Le battaglie della trilogia si combattono di più con la spada che con la magia. Lo stesso Gandalf dopotutto usa ben pochi incantesimi. Gli imitatori di Tolkien invece abusano della magia, inseriscono stregoni potentissimi e creano pretesti per grandi battaglie . Allora a che scopo radunare file e file di eserciti che possono essere annientati con un solo incantesimo? La cosa non regge molto se ci fate caso. La magia va dosata. Martin critica agli imitatori di Tolkien di aver creato una sorta di medioevo alla Disney, un medioevo stereotipato e troppo idealizzato. Poco verosimile. Il Trono di Spade invece unisce il realismo storico alla magia, al fascino e alla meraviglia creando un senso di suspense nel lettore. Se con il romanzo storico i lettori sanno già cosa aspettarsi, con il fantasy si può creare quel senso di attesa grazie all’effetto cliffhanger, quella brusca interruzione della narrazione in corrispondenza di un evento culminante che fa rimanere col fiato sospeso e desta il desiderio di continuare la lettura. Un espediente spesso usato nel cinema e nelle serie tv molto ben impiegato da Martin che ha alle spalle una lunga carriera da sceneggiatore televisivo. Lo scrittore americano ama rappresentare le dinamiche politico medievali del nostro mondo, dei suoi aspetti più crudi e drammatici. Il tutto con un ritmo incalzante che lascia incollati alla pagina. Martin è un estimatore di Tolkien che si ispira a Tolkien operando in una direzione opposta. La lotta tra bene e il male è un archetipo di cui ogni autore fantasy non può fare a meno. Nel Trono di Spade non ci sono buoni o cattivi. Il bene e il male rappresentano più un conflitto interiore. Leggendo la saga ho trovato estremamente interessanti molti personaggi ritratti all’inizio come negativi, da odiare. Jamie Lannister, arrogante membro della casa Lannister si è macchiato di orribili crimini in passato tanto da essere marchiato in tutti i Sette regni. Lo Sterminatore di re. Imperdonabile è stata l’uccisione dell’ultimo sovrano del Trono di spade, un re che Jaimie aveva giurato proteggere. Ma aveva senso eseguire gli ordini di un folle che bruciava vivi chi gli si opponeva guardandoli morire e progettando addirittura di incendiare Approdo del re? Jaimie ha fatto una scelta in nome degli innocenti ed è stato ripagato col disprezzo di un intero mondo che non avrebbe mai saputo la verità. Un uomo con i suoi difetti ma con un sincero senso dell’onore. Un vero cavaliere, mal giudicato persino dal Man of Honor per eccellenza Eddard Stark. Una morale che insegna il Trono di Spade è che spesso le brave persone compiono azioni sbagliate e come l’amore posso essere causa di gravi conflitti. Robert Baratheon ha condotto in gioventù una giusta ribellione contro il Re folle ma col tempo ha dimostrato di essere un pessimo sovrano incapace di governare. Nulla di nuovo sotto il sole. Temi classici per la storia ma ancora oggi attuali. E’ questo che rende affascinante le Cronache del Ghiaccio e del fuoco: i personaggi non sono né bianchi né neri ma grigi. Sono profondamente e imperfettamente umani. E da questo dramma che i personaggi di Martin traggono la loro forza. Era questo l’elemento che cercavo in un fantasy. Un’epicità unica. L’articolo di Arduini si conclude con una domanda che oggi molti lettori attendono da circa dieci anni. Come terminerà Martin la sua saga infinita? Cominciata nel lontano 1991 e arrivata al quinto libro nel 2011 è ancora in attesa degli ultimi due libri. Dalle sue parole Martin lascia intendere che si ispirerà al finale del Signore degli Anelli, quando tornati a casa i quattro Hobbit trovano la Contea in rovina e lottano per salvarla. Un finale agrodolce che rifletta sul prezzo della vittoria. Martin si augura di riuscire a dare a A song of ice and fire un finale profondo e insieme triste e da lettori speriamo che non ci deluda.
Non nascondo che già dal primo episodio ero stato catturato da questo show. Dopo molto tempo avevo finalmente trovato una saga degna del Signore degli Anelli.La Magia
Il realismo
Personaggi né buoni né cattivi
Verso un finale tanto atteso
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